Filippo Boreali, una vita in miniera

In occasione della Festa del Cavatore di Capoliveri di quest’anno il Social Media Team costituito ad hoc per l’occasione ha avuto l’onore di incontrare uno dei cavatori elbani che per anni ha lavorato al complesso di Miniere del Ginevro e di Calamita.

Filippo Boreali è stato per anni uno dei cavatori della Miniera del Ginevro fino al 1981, anno in cui si chiusero i battenti. Oggi ha 70 anni (anche se gliene daresti meno) e a partire da 18 anni ne ha passati ben 27 sottoterra, scavando in una delle miniere più produttive d’Italia. Quando a giungo ha accompagnato il Social Media Team della Festa del Cavatore di Capoliveri in quello che è stato il suo posto di lavoro di una vita non si è risparmiato in ricordi e ci ha resi partecipi della fatica che ha provato svolgendo un lavoro così faticoso ma condividendo anche la gioia dei momenti più felici.

Il cavatore Filippo Boreali in miniera - Foto di Alessandro Beneforti

Con Filippo il Social Media Team della Festa del Cavatore ha scoperto due posti molto vicini eppure molto diversi tra loro: la miniera del Ginevro e la miniera del Vallone, un’altra parte del complesso delle miniere di Calamita, quella della cava coi macchinari che poco a poco stanno diventando ruggine.

Durante la prima visita abbiamo affrontato la discesa fino a meno 54 metri sotto il livello del mare e Filippo ci ha raccontato la storia della sua vita, evidenziando gli aspetti che accomunano tutti i cavatori costretti a passare la maggior parte del loro tempo in condizioni estreme tra umidità e buio totale. Mano a mano che si scendeva abbiamo visto rotaie, macchinari dismessi, attezzature ormai obsolete ma ricche di fascino.

La vita del minatore è lontana anni luce dalle nostre abitudini che hanno come denominatore comune la comodità: i cavatori si svegliavano prima dell’alba, percorrevano a piedi, con l’asinello o con l’autobus (solo a partire dagli anni 20 e 30 del Novecento) il tragitto casa-miniera e mangiavano il pranzo preparato dalla moglie nella mezz’ora che era concessa loro durante le nove e più ore di lavoro. Il pasto del cavatore era chiamato “convio” e consisteva nella riproposizione delle stesse pietanze della cena della sera precedente: spesso un tozzo di pane secco, cipolle e vino (per chi ce l’aveva).
La “colazione“, così chiamata da Filippo perché consumata alle 10 di mattina nella sala mensa insieme ad altri trenta minatori, era anche il momento per scambiare due battute con i colleghi, sempre che se ne avesse la forza.

La maggior parte degli aneddoti raccontatici da Filippo provengono proprio da questi momenti che definire di riposo mi sembra eccessivo. Pausa pranzo esclusa, i minatori non avevano nemmeno il tempo di distrarsi un attimo: la paga del lavoro in più era a cottimo, motivo per cui spesso si lavorava più alacremente del dovuto e senza badare assolutamente alla sicurezza. Questo ha portato a degli incidenti in miniera, sui quali Filippo ha preferito sorvolare: gli occhi lucidi fanno capolino anche dopo tanti anni.

Ferma Tira Cala - I segnali dei cavatori

Dopo un paio di giornate con Filippo Boreali si ha idea di quale fosse il vocabolario di base del cavatore: “esplorazione” per l’estrazione del minerale, preparazione, “coltivazione” del minerale, fronte di abbattimento, miccia, mine, volata, candelotti, argani: non si fa fatica a credere che quello che Filippo ha definito “un lavoro bestiale” lo fosse veramente.

La seconda tappa del tour col cicerone d’eccezione Filippo Boreali ci ha condotti all’insegna della scoperta delle miniere del Vallone, sito al lato delle miniere del Ginevro e contraddistinta da macchinari e strutture dismesse immerse nel verde. Il mix di colori di questo posto è favoloso: dal bianco della roccia calcarea fino al rosso del ferro e delle ruggine e tutto intorno una spiaggia bianca e un mare di un azzurro che abbaglia.

Attrezzature in miniera

Il posto ha un fascino indescrivibile, accresciuto dal silenzio contrariamente a come doveva essere quando i macchinari erano in funzione: passiamo vicino alla centrale elettrica, entriamo nella laveria, interagiamo con le macchine facendo foto sui silos, accanto ai nastri trasportatori, sulla pesa, sulla gru. Tutto è arrugginito e porta i segni del tempo.

A Filippo capita spesso di accompagnare gruppi di turisti e studenti in miniera: tornare non è affatto semplice anche se la pensione è cominciata anni fa: era una fatica disumana, ma era pur sempre la sua vita, gli anni migliori della sua vita.

Il mio consiglio è quello di scegliere uno dei percorsi del nuovissimo “Capoliveri Bike Park” e considerare anche una visita ai luoghi in cui i cavatori elbani hanno passato la loro vita.

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